Non si trovano gli atti inviati da Palermo in Svizzera
Fra gli ultimi impegni di Ninni Cassarà, il capo della sezione Investigativa della squadra mobile di Palermo, e del giudice Giovanni Falcone c’è un viaggio a Lugano, in Svizzera. Ai primi di luglio 1985 hanno incontrato il procuratore Paolo Bernasconi e il giudice istruttore Giordano Zeli, per una rogatoria. Cosa cercano? Dieci giorni prima di essere assassinato, Cassarà invia alcune carte ai colleghi della polizia criminale di Lugano. Ha fretta di concludere alcuni accertamenti. Non sappiamo quali, ma devono essere la naturale prosecuzione del viaggio a Lugano di qualche settimana prima. Difficile ripercorrere quei giorni, anche perché da una certa data in poi cominciano ad essere come accelerati. La data è il 28 luglio, quando Cosa Nostra uccide uno dei collaboratori più stretti di Cassarà, il commissario Beppe Montana, il capo della sezione Catturandi. Non c’è tempo per fermarsi a piangere.
Il 31 luglio, Cassarà incarica uno degli ispettori più fidati del suo gruppo di verificare se il plico riservato che aveva inviato a Lugano la sera del 27, tramite la Polaria, il reparto volo della polizia di Stato, sia già arrivato. L’ispettore si mette al lavoro: accerta che il pacco è partito per Milano il 28, con il volo delle 7. Il giorno successivo, un maresciallo della Polfer, la polizia ferroviaria, l’ha preso in consegna e affidato al capotreno del rapido 382. Alle 12.11, il pacco è già a Ponte Chiasso, nelle mani di un altro ispettore di polizia. Non perde tempo e lo consegna ai colleghi svizzeri. Ma poi, succede qualcosa che ancora non ha una spiegazione ben precisa.