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Gli appunti del prefetto Dalla Chiesa

Scritto da Salvo Palazzolo il 18 dicembre 2009 | 

Non si trovano alcuni documenti conservati in cassaforte

Qualche giorno prima dell’agguato il prefetto dice alla moglie: “Se mi accade qualcosa prendi quel che sai, ho messo tutto nero su bianco”. E’ la governante di villa Pajno a riferirlo ai magistrati subito dopo l’omicidio. L’ha sentito chiaramente. Chissà, forse, il generale voleva proprio che sentisse pure lei.
Emanuela confida alla madre Maria Antonietta: “So delle cose talmente tremende, talmente grandi, non posso raccontartele perché Carlo Alberto mi ha fatto giurare. Però ti assicuro che quasi tu non potresti credere, perché queste cose coinvolgono persone che noi conosciamo molto bene”. Annotano i giudici della corte d’assise presieduta Giuseppe Nobile e Roberto Murgia nella sentenza che ha condannato gli esecutori materiali della strage del 3 settembre: “Si può, senz’altro, convenire con chi sostiene che al riguardo persistano ampie zone d’ombra, concernenti sia le modalità con le quali il generale è stato mandato in Sicilia (praticamente da solo e senza mezzi) a fronteggiare il fenomeno mafioso, forse negli anni in cui il sodalizio Cosa nostra ha potuto esercitare nel modo più arrogante ed incontrastato l’assoluto dominio sul territorio siciliano, sia la coesistenza di specifici interessi – anche all’interno delle istituzioni – all’eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale”.

Da I pezzi mancanti. Viaggio nei misteri della mafia:
Pino Greco, il killer più spietato e più celebrato di Cosa Nostra, va via da fondo Pipitone sbattendo la porta. Immagino la scena. Greco che sale sulla sua motocicletta e sfreccia fra le luci della città, fino a sfidare le auto della polizia che corrono fra quelle stesse strade. Più o meno in quel frangente della sera qualcuno bussa al cancello di villa Pajno, la residenza privata del prefetto, in via Libertà. È un ex appuntato dei carabinieri in pensione, che Dalla Chiesa aveva voluto come fidato factotum. Il piantone apre subito. Qualche minuto dopo arriva l’ex economo: chiede di prendere dei teli bianchi per coprire i cadaveri. Il piantone fa entrare anche
Bubbeo, accompagnato da un agente: forse non sa che quell’uomo non è più l’economo, perché è stato trasferito da qualche settimana ad altro incarico, per ordine diretto del prefetto. Nella ricostruzione dei giudici del maxiprocesso c’è un orario, le due di notte.

DOCUMENTI:
Sentenza della Corte d’assise di Palermo

Archivio della memoria