Si chiede il signor Vincenzo Agostino, il papà dell’agente Nino che ha promesso di non tagliarsi la barba fino a quando non saprà la verità sull’assassinio del figlio e della nuora Ida, perché il Servizio segreto civile abbia opposto anni fa il segreto di Stato ai magistrati di Palermo che chiedevano notizie su alcuni appartenenti al centro Sisde del capoluogo siciliano in un dato periodo. Per i magistrati quelle informazioni sarebbero state importanti per proseguire l’indagine su un delitto che resta ancora avvolto nel mistero. Di certo, su quei due cadaveri riversi sull’afalto del lungomare di Villagrazia di Carini c’è solo che Nino Agostino non era un agente come tanti addetto alla squadra Volanti del commissariato San Lorenzo. Collaborava con qualcuno per indagini finalizzate alla cattura dei latitanti. Lui stesso lo confidò a un collega, alcuni mesi prima di essere ucciso. Il collega lo riferì subito, la sera dell’omicidio, ai vertici della squadra mobile dell’epoca. Ma nessuno sembrò ascoltare questa indicazione. C’era già una pista che le indagini avevano preso, quella passionale, suggerita da uno strano collega di Agostino.
Il servizio segreto civile ha opposto dunque il segreto di Stato alle indagini che riguardano il caso Agostino. Il Sismi, il servizio segreto militare,
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ha consegnato invece, anni fa, alcuni fogli alla magistratura. Neanche a dirlo, materiale di nessun valore per le indagini. Ma che resta comunque utile da esaminare. Nel 1993 i Servizi sembravano interessarsi non tanto di chi aveva commesso il delitto, ma dei magistrati che indagavano e dei giornalisti che seguivano il caso.
Curioso, no?
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La nota del Cesis
L’11 febbraio 1993, il Cesis, Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza, inviava una nota a Sismi e Sisde: “Oggetto, omicidio dell’agente della P.s. Antonino Agostino”. Testo: “In relazione al frequente riproporsi, sulla stampa, di illazioni in ordine alla vicenda in oggetto, si prega di far avere ogni utile elemento di conoscenza”. Alla nota veniva allegato un articolo del quotidiano “il Tempo” dal titolo “Riaperta l’inchiesta sul delitto Agostino”, in cui si dava conto di un esposto della famiglia del poliziotto.
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La nota del Controspionaggio di Palermo /1
Il 5 marzo 1993, il Centro di Controspionaggio di Palermo scriveva: “Gli episodi di cui agli articoli di stampa trasmessi con il foglio in riferimento rispondono sostanzialmente al vero nel senso che l’autorità giudiziaria competente avrebbe recentemente riaperto le inchieste sull’omicidio dell’agente Agostino e sulla scomparsa del giovane Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, ritenuti in qualche modo collegati tra di loro”.
E’ ancora più interessante quello che viene dopo. Perché, non dimentichiamolo, stiamo leggendo la nota scritta da un graduato del servizio segreto militare a proposito non dell’attività di un gruppo di criminali, ma della magistratura.
La nota del Controspionaggio di Palermo /2
“Secondo quanto è stato possibile apprendere – prosegue la nota, oggi depositata agli atti dell’inchiesta Agostino – il gip titolare dell’inchiesta sarebbe in possesso di due memoriali consegnati dai familiari dell’Agostino e del Piazza, che avrebbero indotto il magistrato a riaprire i due casi, riunificandoli (…) Nei memoriali di cui sopra pare che siano contenute affermazioni di una certa gravità in merito al noto episodio del rinvenimento dell’ordigno esplosivo nell’estate 1989 presso la villa del dottor Falcone. Le ulteriori indagini proposte dal gip dovranno essere sviluppate nell’ambito della Procura di Palermo da un magistrato in via di designazione da parte del locale Procuratore della Repubblica”.
Nei giorni scorsi i magistrati di Palermo e Caltanissetta che indagano sui misteri di Cosa nostra sono tornati a chiedere informazioni ai servizi di sicurezza. Il signor Agostino è fiducioso che adesso possano arrivare documenti importanti dagli archivi di Stato: gli attuali vertici dei servizi segreti hanno già dato prova di voler operare con un nuovo spirito di trasparenza istituzionale.
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